Il Cern di Ginevra userà i computer quantistici di Ibm per la ricerca

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Cern (Foto: Ronald Patrick/Getty Images)

“L‘informatica quantistica potrà aiutare a espandere la conoscenza dell’universo oltre il modello standard della fisica su temi come la materia e l’energia oscura, la relazione fra gravità e meccanica quantistica e altre questioni aperte: se non fornirà tutte le risposte, almeno potrà aiutarci a porre domande migliori”. Così Alberto Di Meglio, coordinatore dell’iniziativa per la tecnologia quantistica al Cern, ha commentato l’ingresso dell’Organizzazione europea per la ricerca nucleare con sede vicino a Ginevra, nel Quantum Network di Ibm, diventando un Quantum Hub e ottenendo così l’accesso a una rete di 20 computer quantistici sviluppati dall’azienda americana.

Attualmente il Cern distribuisce una massa enorme di dati prodotti dal Large Hadron Collider (o Lhc, l’acceleratore di particelle) a un insieme di 170 data center distribuiti nel mondo, per studiare il comportamento di elementi subatomici che si scontrano fino a un miliardo di volte al secondo all’interno dell’Lhc, che ha una circonferenza di 27 chilometri. Uno dei risultati più noti è il rilevamento del bosone di Higgs, annunciato al mondo nel 2012: proprio in questa direzione si svilupperà la ricerca con i computer quantistici di Ibm.

“Al centro di questa tecnologia ci sono i qubit, l’unità base dell’informazione quantistica, che possono conservare informazioni molto maggiori rispetto ai normali bit”, spiega Zaira Nazario, capotecnico quantistico di Ibm: “Possiamo sfruttare questo fatto per calcolare gli eventi in modo più efficiente usando molte più dimensioni di quanto non sia possibile con un computer classico: i qubit sono fatti di piccole parti dell’universo che comprendiamo, nel nostro caso coppie di elettroni che intrappoliamo e controlliamo, per comprendere altre piccole parti dell’universo che non comprendiamo”.

In particolare, gli sviluppatori di Ibm hanno allenato un algoritmo quantistico di machine learning a riconoscere e categorizzare gli eventi tra particelle, per analizzare le collisioni che generano il bosone di Higgs, nonché altri dati correlati come l’energia prodotta o l’emergere di altre particelle. Ciò dovrebbe aiutare a mettere in rapporto tra loro le informazioni raccolte, meglio di quanto si possa fare a partire dai risultati ottenuti con gli attuali supercomputer. I primi esiti dimostrano che “le macchine di supporto vettoriale quantistico hanno prestazioni paragonabili a quelle dei migliori classificatori usati al Cern”, con risultati simili anche riscalando i dati di un computer a registro 27-qubit a uno di 15-qubit.
“I computer quantistici possono migliorare in modo significativo l’interpretazione dei dati fisici degli acceleratori di particelle”, confermano Ivano Tavernelli e Panagiotis Bakoutsos in un post pubblicato sul blog di Ibm. Altri Quantum Hub di Ibm si trovano tra diverse università ed enti di ricerca distribuiti in Giappone, Australia, Canada, Regno Unito, Germania, Taiwan e Portogallo.

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